Blog | Agile School

12 lezioni di leadership da Donald Trump

Scritto da Phil Abernathy | 11 febbraio 2021

Nel luglio del 1982 aspettavo una promozione per me importante, ma il mio boss mi disse che non mi avrebbe dato la promozione altrimenti sarebbe toccato a lui il lavoro che facevo io. Ero furioso.

Incontrai il boss del mio boss, in procinto di andarsene, mi chiese cosa ci fosse che non andava? Gli raccontai la storia e lui mi disse qualcosa che mi è rimasto impresso fino ad oggi:

“imparerai di più da un cattivo boss che non da uno bravo:

Gli sono sempre stato grato e visto che voglio lasciare una lezione ai miei figli seguendo la politica  mi sono chiesto che cosa possiamo imparare dalla leadership di un boss come Donald Trump?

Non si tratta di prendere una posizione politica ma va considerato che 73 milioni di persone lo hanno votato per un secondo mandato, anche se poi ha perso le elezioni.

Il motivo per cui lo stile della leadership di Donald Trump ha molto da insegnare é che ha sottolineato come nessun altro le buone e le cattive caratteristiche di una leadership.

Dal culto di sé stesso allo sfascio e alla catastrofe nella quale ha trascinato il paese a tutti i dettagli che lo caratterizzano sia stimolanti che sconvolgenti.

Che cosa ha fatto di buono per riuscire a farsi votare una seconda volta?

Quale era il suo stile di leadership? Ha funzionato?

Che cosa possiamo imparare?

Caratteristiche di Donal Trump da imitare

Coraggio, grinta e resistenza 

Certamente uno dei tratti che bisogna ammirare in Trump é il coraggio di dire e fare ciò in cui crede che nessun altro avrebbe il coraggio di dire. Bisogna riconoscerglielo, indipendentemente dall’essere d’accordo o meno con le sue convinzioni personali e politiche. Questo é uno degli aspetti che le persone amano di più.

La sua perseveranza e il non darsi mai per vinto mettono in soggezione anche i suoi critici più feroci. Dov’é che quest’uomo trova la forza, la determinazione e il coraggio di combattere giorno per giorno nonostante tutto ciò che gli viene gettato addosso. A 74 anni é riuscito a fare campagna elettorale non stop per 16 ore al giorno, un programma estenuante per chiunque avesse anche la metà dei suoi anni. Si può immaginare non solo lo stress della presidenza ma anche le sfide delle cause personali, gli impeachments, indipendentemente dal fatto che le cause fossero valide o create dalle sue fissazioni? Sembra capace di liquidare tutto come “fake news” e di proseguire imperterrito.

Donald Trump possiede tutte e tre le caratteristiche che, secondo Jack Welsh, un leader deve avere:

Energia, capacità di energizzare, e acume, tutto in abbondanza

Sicurezza e carisma

Alla gente piace ascoltare chi parla con sicurezza. Specialmente in tempi incerti quando la paura serpeggia e tutti cercano qualcuno o qualcosa da seguire, é la sicurezza ad essere attrattiva come la luce attrae le falene.

Il carisma e la statura dell’uomo, il modo in cui si pone di fronte ai suoi fans adoranti, stringe le mani al piccolo Kim Jong-un, socializza con i leaders mondiali al G7 é ammirevole. Anche quando  insegna alle persone a iniettare la candeggina come cura per il Covid o racconta la sua grande bugia del furto dei voti, si avverte una grande sicurezza.

Votare qualcuno come leader è una decisione emotiva

e nulla come la sicurezza e il carisma parla al cuore

Mettere il dito nella piaga

Trump ha vinto le elezioni del 2016 per aver messo il dito nella piaga dell’America e averne parlato con coraggio. Come businessman aveva affinato le sue capacità di cogliere istintivamente le opportunità e vedere il problema nella sua semplicità.

Che fosse richiamare la Cina sull’ambiguità che applicavano al commercio internazionale, fermare l’immigrazione clandestina e la partecipazione nei 

conflitti mondiali o abbassare le tasse, ha percepito quello che un significativo numero

di americani volevano, sia democratici che repubblicani.

La capacità di cogliere i problemi combinata con la sicurezza e il coraggio é una formula vincente.

Messaggi semplici

Indipendentemente dall’essere d’accordo o meno con il messaggio, bisogna ammirare il suo modo di veicolare messaggi semplici, chiari e necessari ad esprimere il suo punto di vista.

“Make America Great Again” “Facciamo il muro, lo pagheranno i Messicani” … 

Nessuna parola grossa, nessun linguaggio diplomatico, 

solo messaggi brevi, intensi e diritti al punto.

L’abilità di cogliere il punto preciso che vuoi mettere a fuoco e trasformarlo in uno slogan potente é un talento che molti venditori vorrebbero avere. E’ una competenza che va coltivata e sviluppata per veicolare il messaggio alle persone che guidi.

Mantenere le promesse

Per scrivere questo articolo ho parlato con molte persone da entrambi le parti e la maggior parte dei suoi sostenitori ha detto:

Ha fatto quello che ha detto avrebbe fatto

Ha mantenuto le promesse

Che vi piaccia o no, che lo amiate o detestiate, si è focalizzato su ciò che ha detto e tentato di portarlo a termine. E’ stato attaccato su numerosi fronti, in molti casi giustamente, ma, a differenza di molti politici in tutto il mondo, dopo che é stato eletto ha fatto del suo meglio per mantenere le promesse e ha avuto il fegato di fare quello che aveva promesso.

Costruire parzialmente il muro, ridurre le tasse, riportare a casa le truppe, respingere la Cina…dopo essere stato eletto avrebbe potuto, con una scusa o l’altra, sottrarsi. Trump ha mantenuto le promesse della sua campagna elettorale e questo ha cementato la fiducia dei suoi elettori. Questo é uno dei motivi dei 73 milioni di voti la seconda volta.

Un’altra lezione di leadership da ricordare: 

fai ciò che dici

Comunicazione diretta e frequente

Il suo stile di comunicazione era diretto. Sapeva perfettamente che se fosse passato attraverso i normali canali burocratici di comunicazione il suo messaggio sarebbe stato diluito fino a perdere di significato. Sapeva che se le sue parole fossero state ammorbidite, per non scontentare qualcuno, non avrebbero soddisfatto più nessuno.

Ecco perché, come nessun altro presidente prima, ha scelto di comunicare direttamente con i suoi elettori usando Twitter. Con 19921 tweets, inclusi i 323 che ha cancellato, si possono calcolare più di 13 tweets al giorno per i 1460 giorni di incarico. Bisogna ammirare la costanza e la perseveranza della sua strategia comunicativa.

Twitter gli si addiceva perfettamente, poteva aggirare tutti i controlli interni e mantenere il suo stile di comunicazione diretto. Questa piattaforma era così perfetta che ha finito per governare praticamente attraverso Twitter: licenziamenti, assunzioni, elogi, critiche, bugie e istigazioni fino al punto di venir licenziato dalla piattaforma stessa.

Nei miei 40 anni di lavoro posso testimoniare quante trasformazioni sono fallite a causa della manipolazione dei dipartimenti di comunicazione e marketing. La frase più comune di comunicatori e marketer? Dobbiamo difendere i leader da loro stessi. Motivazione buona, risultato pessimo. Il fatto è che hanno fatto prevalere le loro paure sul coraggio dei leader edulcorando e annientando la loro passione.

La lezione di leadership: comunicazione diretta con un linguaggio semplice, usando parole nelle quali le persone si possono identificare. Comunicare spesso ma brevemente.

Non permettete al dipartimento di comunicazione di mettervi le parole in bocca.

Che cosa ci insegna Donal Trump su cosa NON fare

 

Abuso, mancanza di rispetto e paura

Ha mancato di rispetto a chiunque, a partire dalla sua famiglia, dal momento in cui non lo supportava o non faceva ciò che voleva.

Ha decapitato la decenza!

Era scioccato dalla vincita di Biden, meno attivo di lui nella campagna elettorale, non so se si è mai reso conto che stava offendendo molti rispettabili americani.

Il rispetto è alla base di ogni grande team e dal momento in cui Donald Trump mancava totalmente di rispetto verso chiunque non ha mai avuto un team affidabile ed efficace.

È il solo presidente ad aver cambiato in 4 anni 4 capi del personale, 4 addetti stampa e 4 direttori della comunicazione.

L’unica alternativa per far lavorare un team insieme in mancanza di rispetto é la paura. Trump comandava con la paura, come Putin, MBS, Erdogan, leaders che adulava e ammirava.

Uno stile di leadership dispotico e dittatoriale ha alla base la paura, sempre. La prepotenza e il bullismo, le minacce di punizioni o conseguenze disastrose, combinate con un flusso regolare di tweet crudeli come deterrenti, sono essenziali per mantenere il controllo.

Il risultato, in seguito penosamente evidente, é che le brave persone ti sfideranno apertamente o si dilegueranno. Chiunque abbia un minimo di rispetto verso se stesso, abbia coraggio e fiducia, alla prima opportunità se ne andrà oppure resterà rendendoti la vita impossibile. Il tuo cerchio di fedelissimi si ridurrà a un gruppo di sicofanti che non faranno altro che rimarcare il tuo pensiero.

Perderai i vantaggi della saggezza della moltitudine

Comandare attraverso la paura si avvale della tattica “Divide et impera”, infatti le divisioni razziali sono state la carta che Trump ha giocato dal primo giorno. E’ necessario distribuire le posizioni chiave tra i “favoriti” come ricompensa alla loro lealtà e NON tanto per le loro competenze. Questa é una delle ragioni fondamentali del fallimento del regime di Trump. Che fosse il vaccino, la sua difesa legale, la posta o l’educazione, aver distribuito ruoli a favoriti incompetenti ha eroso la sua abilità di mettere in pratica la sua strategia in modo efficace ed efficiente. Il risultato: essere ossessionati dalla paura del tradimento.

Governare con la paura induce un circolo vizioso

che porta ad azioni sempre più drastiche guidate dalla paranoia crescente del tradimento.

La lezione di leadership:

Se manca il rispetto, l’unico caposaldo a cui affidarsi diventa la paura.

Ma la paura ha vita breve.

L’alternativa è uno stile di servant leadership che ha come fondamenti il rispetto, la fiducia e la collaborazione con cui si ottengono risultati di gran lunga migliori a parità di potere. Di fatto il potere del presidente degli Stati Uniti era lo stesso sia sotto Obama che sotto Trump.

Doppiezza e disonestá

Trump ha mentito consapevolmente o credeva alle sue bugie? Nel secondo caso non avrebbe mentito!

Anche se ci saranno sempre una percentuale di seguaci ciechi che non vedono le bugie, la maggior parte della popolazione americana l’ha visto chiaramente, alcuni di loro hanno deciso di ignorarle.

Secondo le statistiche Trump ha fatto 20.055 dichiarazioni false in 4 anni, come dire 13,7 bugie al giorno!

Ha mentito con tale convinzione da far dubitare dei fatti. 

La lezione qui é che si può ingannare alcune persone per un po' ma mai tutte le persone per tutto il tempo.

Un leader di successo deve ricordare che doppiezza e disonestà

portano al fallimento

Me first

Perseguire i propri interessi egoistici é di per se un conflitto di interessi in qualsiasi forma di leadership. Lead is to serve. Devono essere gli interessi degli altri a guidarti. Quando sono i tuoi interessi a prevalere, che sia il denaro o il potere, ti stai arrampicando sul pendio scivoloso del fallimento.

Negli ultimi 9 mesi della sua presidenza l’inadempienza dei doveri, l’interesse esclusivo nella rielezione, mentre il paese era nel pieno della pandemia e delle lotte razziali, é stato scioccante e non riesco a pensare a nessun leader di nessun paese al mondo che si sia letteralmente dileguato durante il Covid.

È stata la fame di potere e l’atteggiamento presuntuoso me-first a portare Trump alla rovina. L’hanno reso cieco di fronte alla realtà e alla sua fallibilità.

Si dice, se dai a un megalomane una corda sufficientemente lunga

finirà per impiccarsi.

Non ha avuto attenzione per nessuno, non una parola di condoglianza per le 400.000 persone che sono morte, mai un cenno sul bilancio sconcertante dei morti o almeno un minuto di silenzio in nessuno dei suoi discorsi.

La lezione per chiunque voglia diventare un grande leader é anteporre gli altri a se stessi, prestando veramente attenzione ai loro bisogni. L’ironia, servendo gli altri si serve se stessi e si diventa grandi leader.

 

Dare la colpa agli altri

Non ammettere mai i propri errori é un segno di debolezza così come incolpare gli altri per i propri fallimenti. Ammettere gli errori é un segno di vulnerabilità e la vulnerabilità non è un segno di leadership, piuttosto è un segno di debolezza. Il fallimento é una sconfitta.

Questo mindset mette con le spalle al muro, se commetti un errore non hai vie di scampo. Nasconderlo diventa l’unica opzione possibile, come si è visto con Trump la Casa Bianca alla fine è diventata il suo bunker.

Inoltre se non si riconoscono gli errori non vi è alcuna possibilità di imparare da essi. Alla fine riconfermeremo i nostri pregiudizi e troveremo qualsiasi strada per non prenderci la responsabilità.

La lezione: riconoscere e imparare dagli errori può solo renderci leader migliori.

Gli errori sono un mezzo per imparare, ma solo se siamo capaci di riconoscerli.

La vulnerabilità crea fiducia

invece di essere un segno di debolezza.

Vincere ad ogni costo

L’unica cosa importante é vincere perché perdere é un segno di debolezza! 

Win-win non esiste, solo win-lose e se qualcuno deve perdere certamente non sei tu.

I processi infiniti usati come tattica diversiva, ingannare impiegati e fornitori, occupare la Corte Suprema con i “propri giudici” che voteranno a tuo favore, collocare nelle posizioni chiave i tuoi burattini, nascondere le proprie dichiarazioni dei redditi….e la lista non finisce qui.

Le leggi sono fatte per essere piegate e se riesci a farla franca infrangendola, allora vale la pena provarci.

E’ proprio questo atteggiamento, vincere ad ogni costo che ha portato Trump alla catastrofe.

Era talmente accecato dalla bramosia di vincere che ha oltrepassato il limite.

Man mano che se la cavava aggirando le leggi, il suo coraggio aumentava fino al punto di pensare di essere al di sopra della legge.

La lezione: nessuno è sopra la legge, neppure tu e la tua squadra, anche quando siete voi a fare le leggi. 

Non rompere mai la legge, neanche per qualcun altro.

Per essere un grande leader occorre essere un grande follower

un grande follower non infrange la legge neanche nell’interesse del proprio leader

Ego monster

La parola umiltà a Donald Trump era sconosciuta e la giudicava un segno di debolezza.

Nessuno sapeva le cose meglio di lui. Si é auto definito un “genio imperituro” almeno 7 volte in 4 anni.

Si sentiva esperto su tutto quindi non aveva bisogno di alcun consiglio, non aveva niente da imparare e quindi non imparava nulla. Non aveva pazienza per i dettagli quindi non li considerava. Ma come sappiamo tutti, il diavolo si nasconde nei dettagli. Prendeva decisioni di importanza mondiale senza guardare ai dettagli e senza una vera comprensione sulle ripercussioni che le sue decisioni avrebbero avuto, tanto ci sarebbe sempre stato qualcuno da incolpare.

Il suo ego esplodeva man mano che il suo mandato volgeva alla fine e il suo comportamento divenne sempre più dispotico. Le lusinghe che riceveva più volte al giorno dai suoi fedelissimi lo rendevano sempre più cieco di fronte alla realtà, lusinghe che lo facevano vivere in un universo parallelo.

L’eccesso di ego lo portava a credere veramente in questa realtà parallela che si era costruito, il che lo spingeva ad avere idee sbagliate e a prendere pessime decisioni. Come nel fatidico mercoledì 6 gennaio quando i suoi seguaci hanno assalito Capitol Hill e lui ha dichiarato “We love you” contro l’opinione dei suoi ultimi consiglieri rimasti, la sua famiglia.

La lezione per tutti i leaders é quella di non permettere mai al proprio ego di offuscare la propria capacità di giudizio e di prendere decisioni.

Controlla il tuo ego monster sempre,

mostrati umile e otterrai i plausi e il successo che il tuo ego cerca.

Il comune denominatore

Se guardiamo con attenzione ai tratti negativi della leadership di Trump possiamo trovare un comune denominatore. Eccoli in tre domande che sarebbe opportuno porsi:

  • Presta attenzione agli altri, al di là di se stesso e della propria famiglia?
  • Dà fiducia alle persone che lavorano per lui e le rispetta?
  • Crede nella rettitudine e nell’onestà?

Sono però i comportamenti, non le parole che danno sostanza alle risposte di queste domande. E Trump ha risposto con un fragoroso NO! Non sono i suoi valori.

Questi non sono i suoi valori.

Le domande sono quindi:

Scegliamo l’egoismo o la cura?

La diffidenza o la fiducia?

La mancanza di rispetto o il rispetto?

La disonestà o l’onestà?

Questa é la scelta che determinerà il nostro stile di leadership e il nostro comportamento.

I nostri valori sono quelli sui quali abbiamo camminato

Conclusione

Nonostante tutto sono sicuro che ci sono milioni di americani che ancora pensano che Trump sia stato un grande leader, ma i fatti parlano da soli: 2 impeachments, un paese diviso, 400.000 morti di Covid-19, cause in corso, debiti… La lista delle cose che ha portato a termine non era nient’altro che il suo dovere.

Portare a termine una parte della tua “to-do” lista non ti rende un grande leader.

Non c’é nessun se e nessun ma che possono cancellare i fatti, Trump é stato il suo stesso peggior nemico.

Una leadership modesta non può essere un successo.

 

Indipendentemente dalla mia posizione politica, ho analizzato la sua performance unicamente con la lente della mia professione, come leadership coach. Se é trapelato qualche pregiudizio é solo perché i suoi comportamenti erano fortemente opposti ai miei valori di base e alle mie convinzioni e di questo non mi scuso.

La lezione definitiva è che i tuoi valori guidano il tuo comportamento

e il tuo comportamento, come leader, guida il tuo successo e quello delle tue persone.

Ringrazio Donald Trump per la lezione di leadership, ciò che funziona e quello che non, sono orgoglioso di trasmetterlo ai miei figli in modo che possano diventare esseri umani migliori e migliori leader per un futuro migliore.

Pubblicazione originale il 26 gennaio 2021. Leggi l'articolo originale di Phil Abernathy.