Ad oggi nelle aziende si trovano 4 generazioni totalmente differenti a lavorare insieme: tradizionalisti, Baby Boomers, Generation X e Millennials. Come fare per conciliarle tutte insieme?
Per le aziende convenzionali basate sul paradigma di predizione e controllo l'integrazione tra generazioni diverse è un problema.
I millennials (tra i 36 e i 16 anni oggi) mal si adattano alle strutture tradizionali. Ma il problema è più ampio.
E' la prima volta che quattro generazioni si trovano a lavorare insieme con caratteristiche molto differenti l'una dall'altra. Le generazioni vengono definite in base alle caratteristiche che accomunano uno stesso gruppo di persone nate nello stesso periodo. Non si possono quindi definire ex ante ma sempre e solo ex post, eccole:
La differenza generazionale non è certo un fatto nuovo nella nostra storia ma è la prima volta che le organizzazioni sono così preoccupare nel doverle gestire.
Vediamo brevemente le loro caratteristiche.
Sono nati tra le due grandi guerre, hanno conosciuto sconvolgimenti, ristrettezze economiche, scarsità di cibo e risorse. Sono chiamati tradizionalisti perché si appellano a valori tradizionali e forse sono l’unica generazione che ha conosciuto un unico posto di lavoro per tutta la vita. Sono:
Ovviamente, per raggiunti limiti di età, la maggior parte di loro sono in pensione, ma una minoranza (156.000 attivi in Italia tra i 70 e 90 anni) detiene ancora saldamente i posti apicali del potere nelle istituzioni religiose, politiche, giuridiche, accademiche e nelle imprese che hanno creato, molte di queste aziende di famiglia e a rischio di passaggio generazionale.
Sognavano di cambiare il mondo e hanno conosciuto e a volte partecipato alle proteste e ai movimenti per i diritti civili. Sono cresciuti durante la guerra fredda e sotto la costante minaccia di un attacco nucleare, hanno vissuto il boom economico. Lavorano molto per raggiungere obiettivi di carriera, definiscono il proprio valore attraverso il lavoro e la realizzazione professionale.
Sono:
Caratterizzati da:
Il loro stile lavorativo è caratterizzato da capacità dalla fiducia nei compiti, l’enfatizzazione del team-building, la ricerca collaborativa, evitano i conflitti.
Parola chiave: idealismo ottimistico
E’ cresciuta in un contesto in cui i divorzi e le mamme che lavorano erano ormai dati di fatto.
Hanno visto i loro genitori dedicare la loro vita al lavoro, hanno conosciuto le famiglie allargate, cresciuti in un periodo di difficile economia, di corporate downsizing e massicci licenziamenti.
Hanno visto i loro genitori lasciati a casa, gli scandali governativi, tutti fattori che hanno contribuito a creare un gruppo di individui molto indipendente che ha imparato ad adattarsi in circostanze e contesti differenti fin da molto giovani.
Inoltre è la prima generazione che ha beneficiato della facilità di viaggiare, dell’accesso a un’informazione globalizzata e dei programmi universitari esteri. Hanno dunque bisogno di feedback:
Hanno un approccio pragmatico alle cose e non apprezzano l’autorità, alla quale contrappongono responsabilità personale e flessibilità lavorativa.
Parole chiave: indipendenza, responsabilità, scetticismo
E’ la generazione Digital Native e non riuscirebbe a concepire un mondo senza computer e connettività.
I loro genitori, i baby boomers, gli hanno insegnato l’opposto di quello che avevano ricevuto, mettendo i figli al centro della loro attenzione e dicendogli che avrebbero potuto fare qualsiasi cosa.
E’ chiaro che questa generazione sia determinata ad ottenere ciò che vuole e che capisca poco il senso del sacrificio che ha contraddistinto tradizionalisti e baby boomers. Sono cresciuti con fattori determinanti come:
D’altra parte hanno assaporato una vita piena e anche piuttosto ricca. E’ chiaro che si rendono conto che non li aspetta un futuro facile e quindi sono determinati a prendersi il meglio della vita subito senza rimandi al domani.
Ma sono anche la generazione che è stata definita la forza lavoro con il livello di performance più elevato della storia.
Non solo, la loro capacità di fare network supera di gran lunga quella delle generazioni precedenti.
Quello che interessa loro è fare qualcosa che per loro sia significativo e appagante in un ambiente in cui le relazioni circostanti siano gratificanti.
Parola chiave: realismo
Ora con questi presupposti la Generazione Y si affaccia a un mondo del lavoro che è diventato sempre più richiedente e orientato a fare in modo di premiare coloro che meglio si adattano alle esigenze delle organizzazioni. In queste condizioni i Millennials restano poco nelle aziende che non offrono loro opportunità, tanto più che il peggio che può capitare è di tornare a casa, dove trovano dei genitori felici di accoglierli pur lasciandoli liberi di fare le loro scelte. Poi ci sono i Baby Boomers che con l’innalzamento dell’età pensionabile e la volontà di restare al lavoro per la vita non intendono lasciare i posti di lavoro che hanno conquistato.
In mezzo c’è la X Generation schiacciata tra le due e con l’appiattimento delle organizzazioni la consapevolezza che le carriere verticali, alle quali questa generazione ambiva, sono ormai rare e molto difficili da promettere.
Con queste premesse è chiaramente difficile trovare i punti di incontro tra mentalità così differenti. Allo stesso tempo sono proprio questo tipo di organizzazioni che continuano a dichiarare che le diversità sono un arricchimento. Ma sono proprio queste diversità e la loro ricchezza che ci pongono il più interessante dei quesiti: lavorare insieme in modo funzionale ed efficiente dipende dalle differenze o sono proprio le differenze che mettono in luce le disfunzionalità organizzative?
La risposta è organizzativa e le strutture organizzative che hanno strutturato il lavoro secondo il paradigma di autonomia condivisa questo problema non se lo pongono neanche, semplicemente non sussiste, perché il modo di lavorare non lo crea del tutto.
Leggi in questo articolo come creare una mentalità Agile, da dove partire e come proseguire