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Perché la Business Agility non è una ricetta da seguire

Scritto da Ilaria Biumi | 15 settembre 2020

Ogni organizzazione è diversa dalle altre e non esiste una formula universale per implementare Agile ed entrare nella Business Agility. Esistono però delle linee guida, quelle del progetto pilota di trasformazione Agile.

Quando seguiamo una ricetta per preparare qualcosa che non abbiamo mai cucinato lo facciamo alla lettera. In una ricetta abbiamo degli ingredienti precisi, altrimenti il sapore non verrà come speriamo, un procedimento preciso, con quale ordine aggiungere e mescolare gli ingredienti, dei tempi di cottura determinati da chi quella ricetta l’ha provata prima di noi e può indicarcelo.

La Business Agility non è una ricetta

Una metodologia è analoga ad una ricetta e quindi si pensa che valga come per una ricetta il one fit all. Ma le organizzazioni sono dei sistemi complessi formati da processi e persone, caratterizzati da una propria cultura, con modalità operative differenti. Può darsi che l’approccio one fit all, come fanno le grandi società di consulenza, possa funzionare e in alcuni casi funziona. Di fatto Agile si implementa in modo agile e ogni organizzazione alla fine deve trovare la propria via. Non a caso esistono ad oggi più di 90 tra metodologie, strumenti e pratiche Agile che le organizzazioni utilizzano. Anche più d’una contemporaneamente.

Il suggerimento è quello di pigliar spunto dalle tante ricette ma di creare la propria versione di Agile. Agile necessita della fondamentale originalità. Se ci pensate si possono imitare i processi di un’organizzazione come Amazon, ma è praticamente impossibile installare la stessa cultura e le stesse interazione tra le persone che utilizzano, sperimentano e cambiano costantemente quei processi. Ecco perché una ricetta che va bene per tutti in Agile non funziona.

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C’è bisogno di un progetto pilota

Più che una ricetta una trasformazione Agile si configura come una vera e propria sperimentazione che prende le mosse attraverso il progetto pilota per diventare la ricetta iniziale di quella organizzazione alla fine del progetto pilota.

Certo per iniziare un progetto pilota ci sono delle linee guida che vengono successivamente trasformate e adattate dai team che hanno compreso come adottare, aggiungere e modellare gli ingredienti perché quella ricetta funzioni nel loro contesto lavorativo.

Una volta che il team ha constatato l’impatto del progetto pilota vuole di più. Vuole raggiungere ulteriori e migliori risultati. Cosa più importante vede molte possibilità di miglioramento che non avrebbe potuto vedere restando all’interno del paradigma convenzionale.

Nella nostra esperienza, grazie alle persone che abbiamo incontrato e che ci raccontano della loro adozione di Agile, abbiamo osservato che ci sono tre specifici momenti in cui le aziende realizzano che necessitano le linee guida del progetto pilota e la figura di un Agile Coach esterno che le guidi:

  1. Il primo è quando hanno consapevolezza di cosa è Agile e vogliono effettuare un cambiamento ma non sanno da dove partire e come farlo;
  2. Il secondo momento è dopo aver implementato una metodologia o più pratiche Agile. Infatti il team mostra miglioramenti visibili delle performance ma molto spesso le aziende non sanno come affrontare il passo successivo;
  3. Il terzo momento di realizzazione è quando l’azienda si ritrova con due culture al suo interno: quella dei team che hanno adottato le metodologie Agile e quella convenzionale del resto dell’azienda. Quando le persone delle due differenti culture devono comunicare e collaborare tra di loro le difficoltà non sono poche. Questo spinge l’organizzazione a voler estendere Agile e la sua cultura a tutti.

Perché la Business Agility è necessaria

La Business Agility è quindi necessaria oggi per almeno due ordini di motivi:

1) il primo è che la competizione si è spostata dal battere i concorrenti e stabilire un rapporto unico con i propri utenti, ancora prima che diventino clienti. Per fare questo l’organizzazione deve apprendere ad utilizzare le tecnologie per cogliere il valore delle interazioni con i propri interlocutori.

Per spiegare meglio questo punto è sufficiente osservare che il momento in cui un potenziale cliente prende le decisioni non è più il punto di vendita, ma prima in internet e viene chiamato ZMOT ovvero Zero Moment of Truth.

Una ricerca di Google del 2011 mette in evidenza che le decisioni di acquisto sono influenzate dalle informazioni che si trovano in internet per il 97% nel caso dell’acquisto di un’auto, per il 99% per un viaggio e per il 95% per il voto politico.

Naturalmente incide anche la differenza di età: 91% di influenza dai 18 ai 34 anni, 85% tra i 35 e 49 e il 79% oltre i 50 anni. Ma che cosa caratterizza un Zero Momento of Truth?

  • accade online;
  • accade in tempo reale e in qualsiasi momento del giorno;
  • il potenziale consumatore è responsabile e sta cercando attivamente le informazioni che desidera;
  • ha una forte valenza emotiva.

2) il secondo e correlato al primo, è che se un’organizzazione vuole usufruire pienamente delle nuove tecnologie ed iniziare un processo di Digital Transformation, l’unico modo efficace che può garantire questa accelerazione è quella di dotarsi di una cultura Agile diffusa nell’intera organizzazione.

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