Perché l'agility organizzativa è l'approccio più efficace alla Great Resignation

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Perché l'agility organizzativa è l'approccio più efficace alla Great Resignation

Il fenomeno globale della Great Resignation sembrava non aver avuto un così forte impatto in Italia, invece alla fine neanche il nostro Paese ne è esente.

Infatti in Italia il 60 % delle aziende è coinvolta dal fenomeno delle dimissioni volontarie, di cui il 75% sono state colte di sorpresa.

Alcuni dati significativi vengono dal Veneto dove, da gennaio ad aprile, si sono dimesse 500 persone al giorno; in Lombardia 419 mila nel 2021. Ulteriori dati del Ministero del Lavoro ci mostrano come nel secondo trimestre del 2021, su un totale di 2,5 milioni di contratti cessati, si sono registrate 484mila dimissioni ovvero un aumento del 37% rispetto al trimestre precedente e dell’85% rispetto allo stesso periodo del 2020.

Guardando invece in modo più ampio all’occidente, da quanto emerge dal Microsoft Hybrid Work Report, il 40% della popolazione attiva occidentale è pronto a lasciare il lavoro.

Inoltre secondo questo report ad essere i più coinvolti sono i Millenials e i colleghi più giovani che faticano a sentirsi parte del processo decisionale e non sono entusiasti del lavoro.

Ma che cosa c’è dietro questo fenomeno di dimissioni di massa? Che cosa spinge le persone ad andarsene dal proprio posto di lavoro?

Cultura aziendale: la sfida prioritaria.

Come in tutte le cose non esiste una sola causa di un problema e anche per quanto riguarda questo fenomeno non si fanno eccezioni.

Le cause della Great Resignation sono differenti.

Molti media hanno puntato il dito su cause come i salari che sicuramente hanno una loro importanza, ma dalle ricerche, come vedremo a breve, non sembra emergere come uno dei fattori significativi.

Il fattore più significativo infatti risulta essere un altro: una cultura aziendale tossica.

Ma da dove emerge questo risultato? Che peso ha rispetto agli altri fattori? E che cosa significa?

Questo risultato emerge dalla ricerca svolta da Donald Sull, Charles Sull, and Ben Zweig per comprendere meglio le cause delle grandi dimissioni e aiutare i leader a reagire in modo efficace.

Il campione della ricerca era composto da 34 milioni di profili online di dipendenti con lo scopo di identificare i lavoratori statunitensi che hanno lasciato il proprio datore di lavoro per qualsiasi ragione (comprese le dimissioni, il pensionamento o il licenziamento) tra aprile e settembre 2021.

Inoltre grazie ai dati forniti da Revelio Labs, i ricercatori sono stati in grado di stimare i tassi di abbandono a livello aziendale per le aziende facenti parte della cosiddetta Culture 500: un campione di grandi aziende, che insieme impiegano quasi un quarto della forza lavoro del settore privato negli Stati Uniti.

Dalle analisi è emerso che i tassi di dimissione non sono uniformi nei diversi settori come si può vedere dal grafico seguente:Grafico Great Resignation

Inoltre per comprendere i fattori predittivi alla base delle dimissioni, i ricercatori hanno anche analizzato ciò che veniva scritto in oltre 1,4 milioni di recensioni su Glassdoor  (il famoso sito internet dove dipendenti e gli ex dipendenti recensiscono le aziende) tramite una piattaforma di Natural Employee Language Understanding. Per ogni azienda facente parte del campione Culture 500, i ricercatori hanno misurato la frequenza con cui i dipendenti menzionavano 172 argomenti e quanto positivamente parlavano di ciascuno di questi argomenti.

Dai risultati è emerso che l’insoddisfazione sui salari ha in realtà un impatto moderato rispetto a quanto si possa pensare, collocandosi al 16° posto tra tutti gli argomenti in termini di previsione del turnover dei dipendenti.

A risultare invece come il fattore predittivo più affidabile come precursore della maggiore probabilità di future dimissioni è stata la cultura aziendale. Per dare un’idea di quanto impatto abbia la cultura aziendale, vediamo questo elemento rapportato alla retribuzione: una cultura aziendale tossica è di gran lunga il più forte fattore predittivo di abbandono del settore ed è 10 volte più importante della retribuzione nel prevedere il turnover.

Non sorprende dunque che le aziende con la reputazione di avere una sana cultura aziendale, tra cui Southwest Airlines, Johnson & Johnson, Enterprise Rent-A-Car e LinkedIn, abbiano registrato un turnover inferiore alla media durante i primi sei mesi della Great Resignation.

Ma che cosa contribuisce a creare una cultura tossica?

L’analisi ha rilevato che i principali elementi che portano a culture aziendali tossiche includono:

  • la mancata promozione della diversità, dell'equità e dell’inclusione, (DEI);
  • la mancanza di rispetto;
  • il comportamento non etico.

Tra i tre punti forse quello più sorprendente è il primo: il DEI. Perché dico questo?

Vediamolo.

Il DEI come priorità per le aziende

In questi ultimi anni molte aziende investono moltissimo budget per le iniziative di diversità, equità e inclusione (DEI).

DEI è un termine utilizzato per descrivere le politiche e i programmi che promuovono la rappresentanza e la partecipazione di gruppi di individui diversi per età, razza ed etnia, abilità e disabilità, sesso, religione, cultura e orientamento sessuale.

In particolare:

- il termine diversità pone spesso l'accento su parametri come il numero di persone di varie etnie o identità che fanno parte di un’organizzazione; 

- l’equità mira a garantire un trattamento equo, l'uguaglianza di opportunità e l'avanzamento di carriera per tutti, senza distinzioni o pregiudizi, cercando al contempo di identificare e rimuovere le barriere che hanno impedito la partecipazione attiva di alcuni gruppi e garantire una distribuzione equa e giusta delle risorse.

  • infine l'inclusione basata su una cultura in cui tutti si sentono benvenuti e coinvolti attivamente, spinti a contribuire e partecipare alla vita aziendale.

Si stima che il mercato globale delle iniziative DEI ha raggiunto i 7,5 miliardi di dollari nel 2020 e si prevede che raddoppierà entro il 2026. Purtroppo, però, fino ad oggi, tutto questo impegno economico non è stato ripagato: una serie di rapporti mettono in discussione i risultati di tutta questa spesa, compresi quelli che affermano che questi programmi sono "ampiamente falliti" e spesso “implodono”.

Il DEI, come abbiamo visto in precedenza, è un elemento che se tralasciato porta ad una cultura tossica, che a sua volta porta anche ad una mancanza di appartenenza da parte dei dipendenti, elemento che, come anticipato e secondo quanto conferma anche un'indagine di McKinsey, è uno dei tre motivi principali addotti dalle persone per lasciare il lavoro durante il periodo delle Grandi Dimissioni.

Dunque il DEI gioca un ruolo chiave sia per la cultura tossica, sia per il senso di appartenenza, entrambi fattori critici della Great Resignation.

A questo punto può sorgere una domanda: vista l’importanza del DEI, ma considerando anche i suoi fallimenti di implementazione, cosa si può fare per favorirla e fare in modo che sia efficace?

Diffondere e implementare il Mindset Agile

https://resources.scrumalliance.org/Article/agile-meets-dei-values-scrum-help-better

Le organizzazioni che sono davvero Agile hanno già insiti molti dei principi e dei valori che servono per favorire il DEI.

Ho sottolineato davvero Agile, perché diverse aziende o leader utilizzano l'agilità come soluzione di facciata, senza esaminare le cause alla radice dei problemi e chiedendo ai membri del team di utilizzare metodi di lavoro agili senza capire perché questi metodi siano efficaci o come questi processi si relazionino ai loro problemi e alle loro mentalità attuali. In questo caso si dice che le organizzazioni fanno Agile, senza esserlo, quindi non possiamo considerarle davvero Agile. Come si vede se un’organizzazione è davvero Agile? In primo luogo dal valore che porta al cliente, poi dal fatto che la struttura organizzativa assume delle configurazioni molte differenti dai tradizionali silos dipartimentali, quindi dalla real autonomia dei team che portano valore al cliente.

Dopo aver chiarito la differenza tra le aziende che sposano i principi e il mindset Agile e chi applica invece solo una metodologia, vediamo i principi che sono alla base del Mindset Agile e che si intersecano con le iniziative DEI:

 

  • Trasparenza radicale. principio cardine delle organizzazioni Agile. In un mondo iperconnesso, con un incredibile surplus di informazioni, per essere Agile è necessario che tutte le informazioni siano visibili a tutti, comprese le performance, compensation, gli obiettivi e l’andamento dei vari team. La trasparenza radicale include anche altri principi importanti:
  • inclusività: le organizzazioni Agile sono per natura inclusive poiché ogni forma di pregiudizio è altamente dannosa e involutiva. In genere queste organizzazioni ridistribuiscono gli utili coinvolgendo le persone nella decisione sui criteri di ridistribuzione. L’inclusività si contrappone all’estrattività tipica delle organizzazioni convenzionali. Inoltre, non ci sono posizioni organizzative prestabilite, quindi i ruoli vengono decisi di volta in volta a seconda delle necessità e vengono definiti su base volontaria. Alla base dell’inclusività vi è un altro importante principio: il rispetto.
  • Rispetto. Il rispetto è intenzionale e va ben oltre la tolleranza. Nessuno vuole che le proprie differenze siano solo tollerate. Gli esseri umani prosperano quando vengono visti e apprezzati per ciò che sono veramente. In un team agile, il rispetto significa che le competenze, le conoscenze, il talento, le esperienze e le prospettive di ciascun membro del team sono rispettate e valorizzate. Poiché i team agili sono auto-organizzati, tutti i membri del team devono rispettarsi a vicenda per portare a termine il lavoro.
  • Hire for attitude: in Agile si assume secondo il principio che non conta il background di competenze, ma contano l'attitudine e l’atteggiamento.
  • Coraggio: coraggio significa innanzitutto abbracciare l’incertezza, avere la consapevolezza  che la conoscenza  scaturisce dall’esperienza e che le nostre supposizioni non sono sicure e dobbiamo verificarle. Ci vuole coraggio a fare e rischiare di fallire. Ci vuole coraggio a dire di no. Ci vuole coraggio a sostenere le proprie idee, voci e prospettive. Ci vuole coraggio ad affrontare conversazioni che fuoriescano dalla comfort zone.
  • Sicurezza psicologica: l’ambiente Agile è caratterizzato da un ambiente sicuro per poter sperimentare, sbagliare, imparare dagli errori, crescere, evolvere, svilupparsi e confrontarsi. L’ambiente Agile crea le condizioni per conversazioni rispettose (anche se scomode) e promuove la diversità di pensiero e contribuisce a creare ambienti in cui i dipendenti sentono che tutto il loro io - comprese le loro storie, le loro opinioni e le loro emarginazioni - è ben accetto sul posto di lavoro, invece di essere valutati solo per le loro abilità più redditizie.
  • Rendere le persone straordinarie: rendere le persone straordinarie in tutti i sensi, non soltanto i clienti, ma anche chi lavora nell’organizzazione. L’idea alla base di questo concetto era stata ben espressa da Goethe: “Trattate un uomo per quello che è, e rimarrà quello che è. Trattatelo per quello che vuole essere, e lo aiuterete a diventare quello che può essere”. Tutti hanno un talento e la capacità di un’organizzazione è quella di creare un ambiente in cui persone ordinarie possono fare cose straordinarie e far crescere il proprio talento e la propria progettualità.

Visti i principi si può comprendere come Agile possa essere un terreno molto fertile per le iniziative DEI.

Infatti i valori e i principi dell'agilità si sovrappongono in molti modi ai concetti di DEI. Uno dei principi fondamentali del movimento Agile è quello di valorizzare gli individui e le loro interazioni rispetto ai processi e agli strumenti. Ciò riflette i principi fondamentali della DEI, che chiede alle organizzazioni di esaminare e riconoscere i contesti e le circostanze individuali dei membri del team. Sia l'agilità che la DEI richiedono alle organizzazioni di comprendere ciò di cui le persone hanno bisogno per prosperare e le costringono a verificare se il loro ambiente di lavoro è progettato per essere inclusivo ed equo, piuttosto che dare per scontato che questi meccanismi esistano di default.

Se Agile favorisce l’inclusione, la diversità e l'integrazione, questo non significa che debbano essere accantonate le iniziative DEI durante le trasformazioni Agile.

Infatti il rischio è quello di dare per scontato che la DEI sia implicitamente una componente dell’Agilità, senza però essere discussa come simbiotica con l'agilità, né inquadrata come concetto centrale nelle trasformazioni agili di successo, nei modi di lavorare e nei risultati di prodotto/business. Questo fa sì che i problemi di DEI passino in secondo piano, che i metodi di lavoro agili siano inefficaci e che si perdano opportunità per le aziende e i clienti, come l'innovazione, l'elevato coinvolgimento dei team e la creazione di nuovi mercati.

La ricerca del Business Agility Institute mostra come il 52% del campione abbia dichiarato di aver fatto parte di trasformazioni agili che non consideravano esplicitamente l'inclusione e l'equità come parte della loro trasformazione, suggerendo che la vera intenzione riguardo alla DEI è rara quando si tratta di organizzazioni agili.

Perciò è importante che durante le trasformazioni Agile la leadership espliciti la volontà nel migliorare la diversità, equità e inclusione all’interno dell’organizzazione.

Inoltre è necessario che ai team e agli individui vengano forniti gli strumenti, i metodi, le competenze e l'assistenza professionale necessari per confrontarsi davvero con le loro differenze e trarre i vantaggi di competenze, mentalità ed esperienze diverse.

Conclusione

In conclusione, in questo articolo abbiamo visto che la Great Resignation ha diverse cause alla sua origine, ma che una cultura organizzativa tossica è ciò che spinge maggiormente le persone a lasciare il proprio lavoro.

La cultura tossica è principalmente dovuta a tre fattori, in particolare ci siamo concentrati sulla mancata promozione della diversità, dell'equità e dell’inclusione.

Diverse organizzazioni investono un grande ammontare di risorse economiche in queste iniziative con scarso successo.

Per invertire questo trend una strada può essere quella di diffondere il Mindset Agile e intraprendere un percorso verso l’Agility organizzativa.

Se è vero che Agile favorisce il DEI e crea condizioni di equità e inclusione è importante tenere in considerazione un’avvertenza come sottolinea il Business Agility Institute: perché queste condizioni siano effettivamente attuate è importante, durante le trasformazioni Agile, non pensare che queste condizioni si creino come una risposta automatica alla domanda su come creare o migliorare ambienti di lavoro solidali.

È fondamentale dare un peso sufficiente agli elementi come la diversità, equità e inclusione anche durante la trasformazione ed esplicitare la volontà e la intenzionalità nel migliorare la diversità, equità e inclusione all’interno dell’organizzazione.

Se hai compreso che Agile può creare l’ambiente e il sistema giusto per il successo delle tue iniziative DEI, allora leggi di più su come si diventa Agile attraverso il progetto pilota.

Pubblicato da Luca Siniscalco il

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